corso buenos
aires, finestra.
(Il disegno calmo di una finestra basta a colmare la mente)
dal tavolo del bar in notte afosa
senza passione con il tossico
all’angolo della casa in piedi
con tossica: però non mi fare
male
pagando in natura
come si fa a provare quello
che provano come ogni volta che schiaccio
l’insetto il dolore chimico nell’ultimo istante
quando non c’è coscienza
o forse chissà quanti sono
i modi
del sentire
ne abbiamo preso uno
in occidente e qualche altro
di riserva come nel reve che in mille
da ogni luogo giungono in fila di auto sulla
montagna
con tecno alta a provare ad essere fuori
di testa visto che il mondo non cambia
bisogna cominciare ad amare con sé
facendo pace
perché quarant’anni di malinteso
amore sono tanta confusione
bisognerà cominciare con la cura
uno ad uno
uno alla volta
aspirando di ognuno il dolore
un po’ per volta
ed espirando conforto chiarezza rottura dolce
del nero
quarant’anni di restringimenti quando crescere
era soltanto nell’arte degli spilli
per reggere il disegno
di una storia
quarant’anni di nomi che lasciarono a caso
filtrare un po’ di bene
nominando tutto come si copre un cadavere
con un lenzuolo
(non sono molte le cose
importanti ma le poche sono difficili e solo
dopo nel dopo che non lascia più
scampo le vedi andare
mentre ogni giorno
non viste
stavano e stanno)
bisognerà cominciare a non avere paura dei
deboli
confini della mente e del niente
opaco che la racchiude
fino alle nuvole
(cose che sembravano poche
non abbastanza
o non ancora
ora sono infinite e tutte qui
ed ora)
uno ad uno
uno alla volta
un po’ per volta
nei deboli confini della mente
restituendo loro un corpo
di pioggia e di niente
1999
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(sta già sparendo mentre sto fermo
andando)
principiante tra chi ha principiato
se dovesse finire mi troverei
scolpito nell’inizio
di ogni inizio
ma ci fu qualcuno che diminuendo fece della vita
grande
occasione
che non si staccò mai
dall’origine
e fece
della sua casa e degli amici
continuo
esercizio di realtà
ad una certa età si fanno i conti
col tempo
la storia non li fa:
è babele
di racconti interessati
ad incantare folle
a morire
alla signora in tram dicevo che freddo non fa
che è un fatto di testa
il freddo come quasi tutto
il resto
ma lamentarsi e in ogni
cosa vedere il nero
è più forte
insieme si tengono dandosi scopi e mezzi
guardandosi in cagnesco o scimmieschi
applaudendosi:
in grande accade
quello che sul set si vede dei giochi a
premio
l’altra faccia della cuccagna
è foresta
della micragna
vedi per questo
il mondo è così opaco
quando non è truce
e dici :
fa caldo
e dici :
fa freddo
(del padre di anna mi restarono lamette
da barba e fu quella
la prima volta che vidi
nel freddo
la pioggia di sempre suonare
nuova)
dici le stagioni cambiano
che anche il polo magnetico della terra
s’invertirà
che il vulcano ogni vent’anni
puntuale erutta
o forse cinquanta o trecento: c’è piero che da
storico
rintraccia
dai limiti delle terre i contadini alle prese
con la lava
la lava che cancella i muri di cinta e quindi si
litiga
è tua è mia di chi è
questa terra che prima
non c’era
(è tuo è mio di chi è questo pensiero
che prima non c’era)
(i vestiti, le medicine, l’orologio
cose che inutili
restano
ai morti e ai vivi)
(se dovessi finire sarei
all’inizio dell’inizio anche con te)
per questo non importa che a finire
la poesia ho solo
dieci minuti
per questo riuscissi a chiudere come se
l’iniziassi
a telefono ti dicevo che anch’io
sono oggetto strano
ora
per te
che il sesso non ha più vista
che tutto è odorato
e tatto
che è tutto da cominciare, appunto
che nuovamente
ora
davvero non si sa
(che meno male)
1999
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i cieli e la terra sono pieni
della tua gloria
suonava
così nel tempio e mi trovavo lì
per starmene un po’in pace e per vedere come in
altra
lingua si dicesse quel sapore
vivido
di mattina di maggio quando a fondo radendo
la barba un poco ci si rinnova la faccia e si
svuota
come se fosse bastato sapere
del paradiso
perché comune fosse il cammino
(ma non c’è cammino e
quel che può essere comune
non riguarda il paradiso né qualcosa
che si possa progettare) e chi
l’avrebbe detto prima
che non c’era
niente da conquistare che il culmine
era tutto nell’inizio
chi l’avrebbe cercata lì
la gloria
dei cieli e della terra
quando cielo e terra erano solo oggetti
di previsione
come quando prima di partire si vuol sapere
del tempo e se il volo
avrà rinvii o per nebbia
dirottamenti
quando anche andando tutto
come previsto il massimo che ci è dato
è soddisfazione di chi
quotidianamente puntella
il suo stress
come se fosse qualcosa
e non invece
un nulla
fosse stato per me
non sarei mai divenuto: è atto quasi violento
il nuovo
che l’amore
impone e quando ci sei dentro
è arretrare continuo
( resterà nella memoria della figlia
la spiaggia
di Palma
la buca scavando
come da piccola
indaffarata e briosa)
fu allora nell’altrui gloria che vidi
la vita in parte
andata:
che vada!
dedicherò gli anni (se lo sono
e non mesi o minuti)
che avanzano ad addestrarmi
ad essere felice ed aperto
a meritare l’inizio di ciò
che continuamente comincia
(e pensare che uno
crede che l’importante
viene dopo attenta riflessione che il destino
possibile
sia frutto
di elezione)
cancella cancella le tracce
al tuo passaggio
prima che il cuore si
richiuda
prima che normalmente ghiacci
e intanto a quanti
di energia a pacchetti
postali le stelle
senza fretta si parlano in radio
o in luce
si tengono strette
in scambio fitto
fitto di particelle o corde
e dentro questo flusso nella mescolanza
dei tempi infiniti arriva un tempo in cui
l’arte
non ci concede più
di nasconderci
e richiede per sé ciò a cui da sempre crescendo
abbiamo temuto di dover rinunciare: non il verso
imperfetto – che la tecnica si fa quasi
presto ad imparare- ma il verso
gratuito quello già nato per essere ascoltato
tra cielo e terra
le diecimila creature
prima che il
cuore si richiuda
prima che
normalmente ghiacci
tra cielo e terra
parlandosi in radio o in luce
in un continuo di radiazione
cancella le tracce al tuo
passaggio
che consapevole sia la passione
prima che il cuore si richiuda
senza intenzione né progetto prima
che lentezza sia ritardo
prima che
resti solo il guscio
perché l’amore che ci metti
resta
e non si perde
(intonando) i cieli e la terra
l’amore che ci metti qualcuno o qualcosa
(intonando)
son pieni
tra
cielo e terra qualcuno o qualcosa
(intonando)
i cieli e la terra
lo ritroverà
2000
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è così
è così
dicevo
e volevo dire: non può essere altrimenti e non
ha senso
ribellarsi
è così
(è strano come nel tempo siano
cresciuti strati
di menzogna come ci riesca difficile guardare
cose
semplici
semplicemente)
giovanni il biologo dice che più studia virus e
più
sembra miracolo che stiamo
ancora a parlare davanti a bottiglia
di vino mentre invece io ci affondo
dentro: la natura
non è buona non è cattiva è il disegno
che manca: è bello è mostro: è solo
leucocita che scambia proteina
per un’altra
e furioso attacca
sé
ma neanche questo
è
perché la furia è senza pensiero
la chimica è nel fondo ancora
una poesia
di affinità elettiva
è alchimia molecolare ancora metafora
che numero non riduce
come quando l’elettrone si disse nuvola
d’energia
come se potesse esserci cielo
prima del cielo o pioggia prima
che piova
ma di ciò di cui non possiamo
parlare - poveri -
non possiamo neanche tacere
se resta malattia mistero
misteriosa è anche la cura
*
eppure talvolta una voglia
di ringraziare
non qualcuno o qualcosa e forse
non è ringraziamento
piuttosto atto
di integrale realismo tolto il troppo
della speranza e il troppo
poco della paura
averlo tutto intero alla mente
il male
e proprio per questo mentre viene su
il primo respiro al mattino
al primo sorso di tè
rinnovo assenso dicendo ‘si’
ci sto
tremando
ma senza distogliere la mano
dalla tazza
lentamente
fino alla bocca
che non si compia senza di me
che non si compia con ancora me
di mezzo
tra nuvola e cielo
tra particella e campo
*
ogni mattina prego per il piccolo
cuore malato
e dò col pensiero
energia al muscolo ferito chè riprenda
il suo volo:
anche la mia
vita non è più la stessa anche se davvero
la stessa
non è mai stata:
è che ci si abitua
talvolta a dose media
di bene e male fino a che non si rivela
il tempo per quel che è
distesa
dove accade
anche
quello che può
accadere
ci piaccia o no
niente si ripete uguale e l’universo
è troppo grande per farne abitudine
e non dico galassie che ci manca
la materia
giusta per far tornare
il conto
(la chiamano oscura
ma quella che si vede
non è più chiara)
ma la vita
che ogni giorno
si dà scontata
e che si tace pensando all’altro
che manca
come se davvero potesse mancare
qualcosa
ricominciamo dal dolore sempre
per ritrovare tenerezza
e pieno
ricominciamo dal dolore sempre
per traboccare
e quello che era incidente e sfortuna
di statistica
distribuzione
d’un tratto diventa
storia di cieco
vicolo da illuminare
(non è questione morale la menzogna
è l’occidente
intero che fa complici: non fu del vuoto
l’orrore
sin dall’inizio fu
del presente la calma
a non potersi sostenere: è tutta una storia
lunga andata male
come quando categorico
divenne l’imperativo a darsi da fare
come se fare fosse cosa
da darsi)
come se davvero potesse mancare
qualcosa
alla vita
e lo diceva pino all’enoteca: la massima
ambizione delle vita è la vita stessa
*
così madre e bimba si ritrovano illuminate
da luce di televisore
come in ritrovata luce naturale
e ciò che prima stava per noia
ora è promessa
e pura salute
e ciò che prima era importante
ora è futile distrazione e non si tratta
di mattine incrinate allo specchio
trepidando un posto
nel reame
o di ambizione a lungo
coccolata su cui si misurava il fatto
col da fare ma dell’intero modo
di vivere e subordinare affetti
ad interessi
dove non si sa se presunzione
preme più dell’ignoranza e questo
con ostinazione
fino alla vigilia
dell’ora che torcendoci il collo
ci costringe a riconoscere proprio
ignoranza e presunzione
(ch’è difficile sostenere per più
di un secondo
che tra migliaia di correzioni di genetica
informazione una
possa mancare
che non è l’ordine
il senso del messaggio ma rabbercio
continuo dell’errore)
che insomma fino a quel momento
abbiamo urlato contro la pioggia e il fulmine
che fino a quel punto abbiamo imprecato
e provato a ricacciare la grandine
in cielo volendo coi sassi
bucare le nuvole
*
per tutto questo ora in piedi
noi ringraziamo:
per luce di questo mattino che fa verdi
le foglie del parco
per saracinesca del fruttivendolo che si solleva
e per le casse
ricolme di frutta che ancora una volta
intralciano il passaggio
per il risveglio nelle case perché buono
sia il giorno e buoni gli incontri le parole
e i pensieri
per le prime parole degli amanti chè a lungo
resti nei corpi
l’offerta
di sé e fonda sia la dimenticanza
per risa che ancora risuonano nella stanza
per rombo di saracinesche che si sollevano
per vocìo dei bimbi nel parco
per gusto che ci fa baciare e accrescerci
dei frutti della terra
per vino rosso e bianco e per maria
che lo mesce
per tutto questo ora in piedi
insieme ringraziamo
le piante
e in particolare la digitale che aiuta
il moto
del cuore e lo invita
a riprendere il volo
con la madre e la bimba illuminate
da luce di televisore
nella luce di questa mattina di luglio
come in una ritrovata
luce
naturale
noi insieme ringraziamo e così
sia.
2000
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