La poesia di Biagio Cepollaro

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II  (nel tempo)

 

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all’età giusta né vecchi né giovani

fummo compagni per la vita

che il sesso di per sé

non fu più l’ignoto

e dovemmo

riconoscere che si ripetevano

situazioni nuove

e ci voleva

dell’altro che davvero non si poteva

prevedere (che l’altro

sul serio

non si può prevedere)

 

e imparammo così a non spaventarci

per nostre fughe e per  nostre sere

senza voglia

di uscire

anzi imparammo a ripensare il fuori

della casa

e il dentro come a cose

che solo per sentito dire si era

pensato ma che a viverle erano

altra cosa

 

e così potemmo vedere come cose

che appaiono ferme in realtà si muovono

e come cose

che sembrano mai fermarsi

in realtà schema ripetono

dell’orologio:

fummo a tratti

accomunati soprattutto da consapevolezza

che la vita si spendeva comunque

e che le cose erano cose e che le parole

erano solo parole

 

e si scoprì nell’esperienza che uomo

non è fatto come si giura

nell’ebetudine della promessa

per far felice

donna e che donna

non è fatta per far felice

uomo

che la felicità non c’entra con i due

ma è affare che riguarda ognuno

da solo

e si scoprì

anche che matrimonio era spazio

dove ognuno potesse

starsene da solo senza  esagerare

anzi con  pause

di conforto e conferma

 

finchè non formulammo più

quella domanda sull’amore

e oggi possiamo dire che è sciocco

riservare per uno solo

l’amore

e che anzi per la verità l’appassionato

attaccamento -che accompagna

sincronico il disfacimento

dei corpi- propriamente è forma

inferiore di amore

da abbandonare

o almeno lenire perché vi sia più

grande spazio e intensità

di cuore

 

e fummo compagni per la vita

come per avere

forte occasione di sapere

quanto in realtà è difficile pazienza

quanto in realtà sia lontano

ammorbidimento

e quanto solo velleitario è bisogno

di pace (se lo spazio

lo fa chi sa sé

dimenticare)

 

 

 

                  e fummo sordi ai più vicini

e fummo ciechi all’evidenza

 

                   e mille facce ci passarono davanti

che non vedemmo

 

mille voci ci cercarono

che non ascoltammo

 

e ora tutte quelle facce e tutte quelle voci

fanno ressa davanti ai cancelli

della mente

 

 

diremo aiutaci che ci vengono

meno le proporzioni

aiutaci che ancora crediamo

materia materia  e imbarazzati

ad hoc rispondiamo con teoria

 

e si che ogni venti o cinquanta

anni succede che le cose

da stella hanno origine ma tutte

si addensano dietro polveri

che non possiamo

vedere che c’è tanta polvere

lungo piano galattico

 

aiutaci a distinguere la polvere

dalla polvere

 

aiutaci a dimenticare

e a non dimenticare

 


 

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00 

e giunse al cinese imperatore

il messaggio

 

                                               prostrato umilmente

                                    davanti a vostra maestà dò notizia

                                  stella ospite   che splende       di luce

                                gialla     significa        che     nel paese

                              v’è persona      di grande saggezza  e virtù’

 

 

 

e alla metà del camminamento pochi

segreti ancora ebbero per noi le parole

che sondammo secoli passati

per rompere silenzio

di ciarla

contemporanea

e questa fu arte del dire inventando

lingua mai esistita se non in tempi

di rivolta

 

non di noi e dei nostri casi

c’interessava ma passava attraverso

questa lontananza di lingua

risonanza di luoghi comuni

luoghi occultati dai conformi

segni dominanti e da questi

taciuti

 

non dicemmo per dire

 

dicemmo per fare e fu questa

illusione più rovinosa

ché dire

in un mondo di fatti

resta questione di trucchi

(che non l’arte ma intero

sistema di reale è

 fantasmagoria)

 

e fu visibile il dramma quando

potemmo vedere ologramma

di guerra senza nulla

vedere

(luci e contraerea

non i morti)

e dunque inventammo lingua

come cielo o come terra

in emersione con tanto di lava

ed esplosione

 

                         e non era cielo

                         e non era terra

 

 

guadato il mezzo

del camminamento ci dicemmo

che senso vivo all’arte

l’avrebbe dato il resto

che un gesto come un altro

come ogni gesto sarebbe rinato

da più completo silenzio

come il merlo  -mi diceva

ieri giovanni- che nel deserto

da solo si mette a cantare

e - imbarazzo per etologi-

 non per comunicare

qualcosa

pur avendo a disposizione undici

segnali

 

 

le cose cambiano sapeva il cinese

e anche cielo cambia

e la birra bevuta con piero

a vent’anni è andata perduta

poi nei rigagnoli di vita

compiuta

ma non dell’onda

è diminuito il fervore

se a 5oo km al secondo ancora

a noi si avvicina

 

come del granchio

il cuore che pulsa

è vasto appena dieci

km ma dentro ha massa

di sole

e irradia per dieci

anni luce

 

aiutaci a distinguere la polvere

dalla polvere

 

aiutaci a dimenticare

e a non dimenticare

 

 


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