La poesia di Biagio Cepollaro

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diremo che abbiam visto

e non abbiamo visto niente che in tutta

la storia ne scorgemmo

solo quattro con certezza

di supernove e allora brillò

per due anni il Granchio e venti

giorni quella che oggi diciamo

nebulosa e Lupo e l’onda

più vicina che ancora spazza

forse iniziò nell’anno che dissi

a piero una prima poesia e veniva

da stella trenta volte più grande

del sole mentre fissavamo il fondo

del bicchiere finita la birra

 

 

 

disimparammo a leggere e leggemmo          

solo parole

 

             disimparammo a scrivere

e scrivemmo solo parole

 

            disimparammo a guardare

e vietammo l’imprevisto

 

            disimparammo ad ascoltare

e facemmo del mondo un nulla

 

ricordate lodi

ci fecero esultare

e come allora chiudemmo occhio

su chi lodava

(in cuor nostro

a nostra volta lo lodammo

sedendoci comodi

e terrorizzati sul divano

con nostri fantasmi)

 

è così banale il meccanismo

della gloria

 

come quello di far danaro

 

proprio ieri pino diceva

che chi  pur avendo necessario

non si sente ricco

non gli resta

che sbattimento all’infinito

dell’accumulo

e suggeriva sorta

di pietà per questi avidi

a cui le cose

non bastano mai

come in film di woody allen

quando attore conclude

battuta  in arguzia:

poverini quelli, additava, fanno sesso

ché non sanno fare arte

 

eppure sia pure in breve

raggio da giovani il mondo per noi

era più largo

potevamo per ore stare su scoglio

e lasciare alle mattine loro luce

 

(giulia chiama meraviglia

questa improvvisa slabbratura

del tessuto del mondo

che lo rivela)

e forse non era altro il segreto

di questa scena che lo starcene

in silenzio nella parte

che non conta

un pò di polvere

                          mista a ghiaccio

                                            in coda

                                                        di cometa

 

(come ieri andando a trovare

ragazza che suona violoncello

neanche ha cominciato

che d’un tratto musica non era più

importante e l’arte in quel momento

era lenire dolore

a destino squadernato)

 

e questo fu forse riprendere

a guardare

 

e questo fu forse riaccogliere

imprevisto  su altra corda

riprovando l’aria

 

 

                        la terra comincia dalle nostre case

il cielo comincia dai nostri occhi

 

 

e  folata più forte

                           di vento scompiglia

in questo momento duna

                                        nel deserto

 ma quella

                che si alza                 vorticosa

e quella che resta appena

smossa

 è sempre la stessa

sabbia

 

(non sapremo mai dire

che è abbastanza)

 


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