Lettura alla N.Y. University, 26 ottobre 1991. Biagio
Cepollaro e il traduttore Michel Moore.
Le
opere riprodotte qui coprono il periodo di tempo dal 1984 al 2003. Vi è
la trilogia, dal titolo De Requie et Natura, il libro di esordio, Le
parole di Eliodora, il libro più recente, Versi Nuovi e
l'inedito La poesia: Vale.
Le
opere che compongono la trilogia
sono: Scribeide (1985-1989), Luna persciente (1989-1992), Fabrica
(1993-1997). La trilogia si caratterizza, in modi diversi, per l'intenso
lavoro linguistico e per il pastiche che ha mescolato diverse
lingue e registri in un'amalgama idiolettale. Nel caso di Fabrica
la mescolanza è piuttosto tematica, toccando temi tradizionalmente
estranei alla poesia, come l'economia e altre impoeticità...
Le
parole di Eliodora (1983-84), nell'estrema rarefazione e
frammentazione della lingua, esplora le dimensioni paniche ed erotiche del
corpo parlato, interrogato e mancato.
Versi
Nuovi (1998-2001) radicalizza la dimensione etica della poesia.
La poesia: Vale (2003) è dedicato ai ragazzi.
Lavoro da fare (2002-2005) è il nuovo libro di
poesia.
Per
una lettura silenziosa l'incipit di alcune poesie tratte dai cinque
libri...
...Se
vuoi ascoltarne la 'lettura dell'autore', cerca in Reading...
Scribeide (1985-89)
da: Toulose- Lautrec
ma
tu ca c’hai altro ca sei n’altra e como na camicia meglio te la metti
poco
se
no presto se consuma così noi e il telefono se consuma non bruciare
presto
como
l’altre volte e sono anni che uno tenta e ca nun succede niente ca
finisce
anco
prima de cominciare coi nervi colle roche voci colle noci spaccate in
testa
(...)
Luna persciente (1989-92)
da: Epistola alla moglie Franci
(epistola
alla moglie Franci)
disertato
inerme cupiscente
lanciato
in un lascia-spingi
di
viale gente fioccoso
ripiegato
tutto dentro al
torace
occhio allo sterno
stremato
senza rullo agire
(...)
Fabrica (1993-97)
da: Meditationes 3
dentro
la terza rivoluzione industriale si confondono per la terza
volta
le cose e i sottostanti sommovimenti non sembrano più feroci
né
tali
ci
si mette anche a ragionare
sulle
idee. tranne scriba che intravedendo vede enormi prodigiose
masse
d’acqua le dighe le sotterranee esplosioni le sparizioni e la deriva
dei
nuovi avvallamenti di sabbia e capitali
Le parole di Eliodora (1983-84)
da: Che non saprei dirti nulla:
che
non saprei dirti nulla
(tanto
meno scriverti
che vivo d’accensioni
(colpi
di
coda e reni)
che un filo tiene il cervello
ai piedi
(la pelle
conduce le parole e tutto il gioco
Versi Nuovi (1998-01)
da: Per ogni giorno
dovrei
dire anch’io a quarant’anni ciò che a venti
non
si poteva dire chè ti viene naturale all’inizio solo
quello
che hai sentito dire
il resto
che
conta
nessuno
te lo dice ci devi
sbattere
per poi scoprire
che
anche un applauso ti porta
fuori
strada
che debole
è
la via
e
veramente oscura
e chiesi
come
fare
ad
avere mente
ordinaria
(...)
torna
all'inizio
La poesia: Vale (2003)
da: Male d'amore
*
non prendertela
con lui, Vale, non è lui
lo stronzo come
dici: è che ciò che in alto
ci porta è anche
quello che ci fa precipitare:
insieme tirate la
corda che vi fa cascare.
*
non va perso
niente, Vale, niente: ogni lacrima
ogni sussulto allo
squillo del cellulare: niente.
ma senza di lui la
vita andrà avanti lo stesso
tornerà la tua
stanza il concerto la pizzata
con la Simo e con
quelli della piazza
le cazzate della
festa finchè ti diranno
che una volta la
Vale era fuori –di testa.
Lavoro da fare
(2002-2005)
VIII
ecco che in una
piazza
ritroviamo il
nostro vulcano
quella cosa di
fronte sulla cui
cima ci siamo
mille volte
arrampicati per
poi discendere
con quotidiana
conferma della cosa
non detta a parole
luminosamente
fissa
e alta
abbiamo preso
nello stile una strada
solitaria e
muovendo ci sentiamo
senza terra sotto
i piedi: di qui
i capovolgimenti
ché senza storia
ci si muove nello
spazio in cerca
di approdo
per questo la
piazza quasi comune
funge da inizio e
ci dice che mai
bellezza lo è
stata semplicemente
che a lei era
affidata la pausa
che fa sentire la
musica fatta
di un tocco
ripetuto quanto la vita
e quella musica
ancora risuona
anche se mai
veramente diventata
mondo
ché a lui
frammisto
è finita meccanica
nostra
l’oceano sordo di
atti piovuti
giù senza
consapevolezza
(...)
*
dunque era questo
il lavoro da fare:
giungere
alla Porta
e anche se presto
gli abiti ci si
richiudono
addosso
il grosso del
lavoro
è stato fatto
il sospetto della
bellezza
dell’essere
oggi non è più
sospetto
ma un’esperienza
oggi non vogliamo
più
che le porte siano
chiuse
abbiamo sbirciato
e nella grande
sala
c’era un lago
verde-chiaro
e profumo di alghe
e di presto
mattino
ci siamo visti al
centro del lago
con i piedi sui
sassi del fondale
e le mani che
toccavano
il cielo
ci siamo anche
voltati
da ogni lato
e da ogni lato
c’era il verde
del lago
ora siamo sulla
Porta
e non sappiamo né
ci importa
quali saranno le
parole
a venire
noi andiamo oltre
i segni
per il tempo che
ci resta
noi andiamo a
ringraziare
per essere stati
invitati
al banchetto
ora siamo sulla
Porta
del ritorno e
della restituzione
torna
all'inizio