La poesia di Biagio Cepollaro
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Il titolo De Requie et Natura (1985-1997) richiama quello del poema di Lucrezio De rerum natura. Il capolavoro latino era una sintesi perfetta di scienza e poesia, perché faceva del sapere qualcosa che toccava l'intera esistenza: da ragazzo mi colpivano le pagine sull'amore, sulla morte, sui fenomeni naturali...Era lirica della materia, senso del sapere, presupposto di scelte, di condotte pratiche... E allora mi sono chiesto, anche se non esplicitamente, cosa sarebbe stata una ricognizione della scienza contemporanea con uno spirito simile, con la sintesi della poesia? Questa domanda mi si è chiarita nella composizione del secondo libro, Luna persciente, perché all'inizio cercavo la materialità della lingua, la sua consistenza sonora, il suo spessore di rimandi, di memoria. Questa materialità che ritrovavo nelle suggestione della poesia arcaica, in Scribeide, mi occorreva per scandagliare le solitudini metropolitane (Metro-metrò, Contrasto) o per giocare con l'astrattezza della letteratura chiamata 'al paragone' con il mondo massmediale degli anni '80 (Dispositio artificialis, Scribeide stesso, il poemetto eponimo). E come si poteva in tali contesti fare ancora lirica, cioè esprimere dei sentimenti teneri, senza troppe ingenuità e senza troppe difese, senza sterili astrazioni e soprattutto senza intenzioni consolatorie e mistificanti? Ho provato a rispondere a quest'ultima urgenza con quella quotidianità stravolta e dialettale che anima la parte centrale del primo libro (Toulouse-Lautrec, La Mela, L'Ovvietà dell'insonnia, Prossimità, Flati-fiati, Lago d'assedio). Ho continuato con un poema, scrivendo Luna persciente. In un certo senso ho usato la lingua costruita con Scribeide per tratteggiare, questa volta, tutti i temi per me allora urgenti. Innanzitutto le Moltitudini, Multitudo, le folle, le masse, poi la Natura ormai percepita come artificiale e infine il Senso (Sententia) che da questa ricognizione potevo e sapevo trarne. Multitudo, Natura e Sententia sono appunto le tre sezioni del poema, aperto da un prologo, Le Orbite e chiuso dall’ epistola alla moglie Franci. Quando ho scritto il terzo libro, Fabrica, a completare la trilogia, il tema di fondo era la Storia.La Storia altrettanto artificiale della natura di Luna persciente. Nel mezzo della fine del millennio mi sembrava che non ci fossero molti margini per una speranza collettiva, che i processi tecnologici ed economici incidevano sulla dimensione estetica in una misura enorme: i riferimenti alla terza rivoluzione industriale, alla globalizzazione e all’economia vanno forse letti in tale contesto. Si tratta di meditationes, di epistole, di ballate dove, fatta eccezione per il prologo, non compare più il pastiche o l’idioletto e la lingua è decisamente piana e colloquiale
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