La poesia di Biagio Cepollaro

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Capitolo terzo

 

Sarei rimasto nell’ingorgo senza la bici.

22 km non bastano a non sentire ancora nel naso il puzzo di piscio dell’autogrill.

Al bar, la sera prima, si era pure parlato dell’afa.

Il ghiaccio che si scioglie troppo presto nel bicchiere e l’Avvocato, il Sarto e il Concessionario troppo nervosi… L’Avvocato urla che va abolito, lo Statuto, va abolito! Che se uno non funziona deve togliersi fuori dai coglioni, che se ne prendano due anche, ma buoni!

Il Concessionario stranamente non parla di fiche, annuisce, aggiunge ghiaccio nel bicchiere, col caldo che fa non viene neanche da parlare.

Il Sarto sta lì. Gli va bene già di non star fuori, da solo. E il Barman gira tra i tavoli che finchè c’è da girare, si sopporta anche il caldo.

L’Avvocato è l’unico in forma e il caldo gli piace perché dopo la botta di caldo, di sicuro arriva lo Scroscio, potente e improvviso, lo Scroscio che sta per arrivare metterà a posto le cose, dice. Lo Scroscio che zittisce tutti, e così sia.

 

Al che il Barman dice se piove viene una bella rinfrescata e col fresco si può anche fare una festa. Parola magica: il Concessionario scoppia a ridere, strattona il sarto e il Sarto lascia fare perché di sicuro la cosa lo riguarda.

E infatti la cosa che ora è sul tavolo e che va a rinfrescare le bevande, è una cosa che assomiglia al ghiaccio, tanto è benefica. La cosa à questa: prima, quando non faceva tanto caldo, il Barman aveva organizzato una bella festa, con una colletta tra i clienti affezionati, un bel regalo al Sarto, così piccolo e sfigato, che un regalo più bello non si poteva fare.

Al bar, la sera prima, prima della Notte dei Botti, prima dell’ingresso forzato in autostrada, prima della ressa all’autogrill, prima del Grande Scroscio, insomma, si era parlato dell’Afa ma anche del regalo al Sarto e il regalo era questo: avevano fatto una bella torta e mentre il mingherlino addentava la prima fetta, si era sentito toccare sotto. E tutti gli altri gli dicevano: ‘ Questo è il regalo! Questo è il regalo!’

Il regalo era questo: una puttana cercava di fargli un pompino nascosta sotto il tavolo e già era diventato bianco. Era sbiancato anche perché l’Avvocato gli faceva le smorfie che dovevano essere come le sue, ma lui non provava piacere, lui si sentiva solo incastrato tra la sedia e il tavolo. L’Avvocato è convinto e dice che questo è il miglior regalo che gli amici possono fare mentre il Barman fa il regista, controlla i tempi, il set dove si gira la scena e i clienti che entrano ed escono.

Questa cosa ora è sul tavolo come ghiaccio che non si scioglie e che rinfresca le ugole, le fa cantare. Questo ghiaccio ora li unisce e l’unione non li fa sudare. Sono leggeri e sembrano più giovani e meno grassi. Ma cantano troppo forte, tanto forte da disturbare gli altri clienti.

 

Senza bici sarei ancora lì, nell’autogrill: ieri, al bar, pensavo alla bicicletta, al mio regalo per Luisa. La bici ti evita il traffico, leggera si svincola, passa col rosso, va all’incontrario e sui marciapiedi, taglia, toglie anche un po’ di stress, ti conforta.

Ieri, al bar, il Concessionario, l’Avvocato, e il Sarto raccontavano la solita storia del regalo, l’ho sentita mille volte diversa, ogni volta l’ho annotata…

 

Ma venne; e venne con forza, esplosivo, inarrestabile, persuasivo fin dentro ai sonni degli insonni, venne il Gran Temporale, il Grande Scroscio della Liquidità; e venne giallo e fetido, privo di ogni pudore, schietto e urlato giallo, uremico, solfatoso, azotatissimo e urbanizzato giallo a dissolvere l’afa degli ultimi anni del millennio, a distruggere il chiuso, ad aprire, a spalancare, a vincere anche le ultime resistenze.

Il primo ad accorgersi dello Scroscio è il Sarto.

Non dice niente, gli piace che il Concessionario racconti la storia del regalo, non può succedergli niente con i suoi amici, potrà anche piovere per un mese, lui sarà sempre a galla, con i suoi amici anche la casa potrà allagarsi, lui sarà sempre a galla.

Il secondo ad accorgersi dello Scroscio è il Barman.

Alza la testa e guarda fuori, pregusta la ressa nel bar, il fuggi- fuggi, tutti a ripararsi nel bar, nel suo bar. Il bar è diventato un club, non circola più tanto danaro, con questo caldo sono sempre gli stessi, buoni ma pochi, i clienti. Alza la testa e gli brillano gli occhi. Se ne accorge l’Avvocato e si volta e poi tira per un braccio il Concessionario.

Il terzo e il quarto ad accorgersi dello Scroscio sono proprio loro ma non si sente ciò che dicono: grandina forte, un fracasso sui vetri.

 

I botti avevano trovato buona accoglienza, avevano dato sollievo a chi, nell’afa, aspettava il temporale.

E il temporale era arrivato.

Aveva trascinato in poco tempo auto e selciati, divelto alberi, insegne, sfondato tetti, allagato cantine. Acqua piovana, fango, lamiere e detersivi facevano la fiumana schiumosa che sfigurava la piazza. Eppure ai più la città schiumosa sorrideva nella notte e si rinnovava. I detersivi erano stati rovesciati davanti a tutti gli incroci, davanti a tutti i semafori; anche i più resistenti tra i lavavetri erano stati costretti a mollare, a mollare i secchi. A molti ,l’indomani, la città era apparsa ripulita, senza macchia, linda. Anche le lamiere, le tegole, i pezzi di asfalto, i secchi erano scomparsi. La città era bianca. Bianca nelle facciate delle case, bianca nei bar, tra i tavoli dei ristoranti, negli ascensori, nei parcheggi, bianca nei corridoi del metrò e nei quartieri periferici, anche in quelli più sordidi. Bianco ovunque.

Perfino i cadaveri (dicono un centinaio ma chissà) e le carogne dei cani e dei gatti erano stati, per così dire, biodegradati: non mandavano odore.

La Notte dei Botti era rimasta a lungo inespressa, priva di rischiaramento e di ardimento: attendeva paziente gli uomini giusti e il gesto risoluto, di per sé evidente. Tutti i lamenti dei lunghi inverni si erano spenti nell’umidità dei sottoscala, tra le portinerie degli stabili, sui pianerottoli dei condomini, nelle veloci battute ai parcheggi dei supermercati, sulle predelle dei tram, nel pigia-pigia dei pendolari del mattino e nel pigia-pigia dei rientri, delle code dei fine-settimana…

La Notte dei Botti ora baluginava dalle vetrine dei negozi liberate dalle saracinesche, dalle lucide targhette dei notai e dei commercialisti, dagli specchi dei retrobottega, baluginava a tratti ma intensa, finalmente decisa.

Per strada, oltre alle ambulanze e alle sirene, oltre ai pompieri per i primi incendi, festosi si erano riversati in molti. Grandi e piccini, intere famiglie, in molti gridavano l’evidenza.

Erano evidenze protese, più o meno alte, più o meno mature, erano evidenze protese comunque, squadernate, rivendicate, falliche evidenze acuminate, acuminate e urgenti, inderogabili, sfinenti. Di peso sollevate dai discorsi, strappate di netto o filamentose, erano evidenze ostentate e corpi martoriati dei profeti.

 

Scriba pedalando nella luce sempre più fioca del tramonto si diceva che i Resistenti (i Resistenti?) avrebbero accolto coloro che aveva visto vomitare per strada, imbrattare il bianco dei muri, avrebbero fatto buon uso delle sue annotazioni, delle sue incursioni nell’umore confuso delle cose.

In cima all’autostrada, forse.

O già sulle montagne, 40 km dalla città, visibili ancora ma ancora testardamente mute.

Avrebbero saputo anche del bar e dell’afa.

Avrebbero saputo che la Notte dei Botti aveva covato anche tra quei tavoli, nei fondi dei bicchieri e del chiacchiericcio serale.

Il regalo per Luisa è ora la mia scialuppa.

Con la bici scivolo sottile, invisibile, sguscio e rotolo, sempre più curvo, sempre più asfalto. Stamani mi hanno ficcato dentro l’autostrada col mitra puntato: paletta rossa e Favorisca!

E con me in tanti, Favorisca!, Favorisca!

 

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Capitolo quarto

 

Favorisca! Favorisca!

A tutti gli avevano detto così. Non solo a Scriba ficcato di forza dentro l’ingorgo fino all’autogrill, al km 154.

La polizia aveva dirottato tutti quelli che uscivano dagli ultimi spettacoli dei teatri, dei cinema, tutti quelli che erano a passeggio, che uscivano dai bar. I poliziotti con fare tranquillo agitavano le palette. Si erano sentite distintamente due esplosioni, le altre in modo confuso. Tra quelli che venivano dirottati sull’autostrada, correva voce che vi erano stati dei cannoneggiamenti, che una divisione dell’esercito si era presentata davanti al Comune con i blindati, che avevano fatto venire giù il sindaco e l’avevano fucilato, così, su due piedi.

Un’altra voce diceva che il Prefetto era d’accordo, che il Prefetto si era messo a disposizione della Notte dei Botti. Altre voci dicevano che il cannoneggiamento c’era stato ma l’esercito non c’entrava. Le tivvù parlavano della Notte dei Botti senza dare particolare risalto alla notizia, ma gli speakers erano diversi, mai visti prima.

In tutto questo casino, Scriba era finito nell’autogrill, al km 154. Ancora stordito per la notte prima al bar, in quell’autogrill trova il primo indizio da riferire ai Resistenti. Dentro al puzzo di piscio dell’autogrill, infatti, trova il probabile incendiario della Notte dei Botti, un tipo veramente sospetto, tale Tirabuoni. E’ proprio Tirabuoni, titolare di una ditta di padroncini, ad attaccare bottone. E giù a raccontare di camion, di viaggi, di rate, di turni, di puttane…Non la finisce più. Però sto Tirabuoni non è soltanto seccante è anche uno che la sa lunga… E così Scriba accetta la conversazione. Tirabuoni parla di un’Associazione e si dichiara solennemente dalla parte della Notte dei Botti. Tirabuoni sta cercando ora al telefono Nocetti, suo collega, per stilare un Documento di Adesione alla Notte dei Botti. L’euforia di Tirabuoni non è diversa da quella del Concessionario, dell’Avvocato, del Sarto… Scriba lo punta per bene perché vuole captare il sogno che farà stanotte. Lo inquadra, lo squadra, gli fissa la fronte; con gli occhi vorrebbe perforarla, gettare nel suo cervello l’àncora- antenna, quella buona per i sogni. Scriba pensa che sto Tirabuoni quando sogna sputtana tutta l’organizzazione della Notte de Botti. Tirabuoni intanto racconta dei viaggi e dei camion e ripete sempre la stessa farse: ‘io sono uno che se ne intende’. Stessa frase del Concessionario, stessa frase che ha sentito mille volte al bar…

Di certo Tirabuoni di Notte dei Botti se ne intende. Ma occorrono le prove e occorrono i nomi dell’organizzazione. Tirabuoni deve dormire e sognare… Ma intanto continua a raccontare di viaggi e di puttane, non si scopre se non per accenni, nomina un giovane camionista, Giorgio, uno che vorrebbe come discepolo, ma niente, non si scopre veramente… Scriba sarebbe rimasto volentieri nell’autogrill ma il puzzo di piscio è intollerabile. Ascoltare il sogno a distanza, come quella volta, da un altro quartiere? Scriba spera nel miracolo anche perché c’è la storia degli Accertamenti e non si può stare tranquilli…Ma Tirabuoni resta dentro, invece. Non gli possono fare un baffo a lui…A lui non possono toccarlo perché lui è uno che se ne intende di Accertamenti…Scriba si allontana in bici ma non molla. Stanotte capterà il sogno, ha ficcato l’antenna nella testa di Tirabuoni, se ne accorgerà subito quando comincerà a sognare. E allora Tirabuoni farà i nomi di tutta l’organizzazione…

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