PARTE SECONDA
Capitolo nono
Prima delle ruspe,
prima dei caricamenti sbirrici, delle mazzate e del fumo, prima del
gran casino dello sgombero, Monno e Nanna se la sono svignata.
Ce la siamo svignata,
si dicono…la mattina seguente alla Notte dei Botti…e scampata
bella…Visto dal tetto la prima celere, noi giù come pompieri…e
via col furgone. Poi ci dirottano gli stronzi, senza riconoscerci
sotto la pioggia, verso l’autostrada, come pirla, l’uno dietro
l’altro, in coda col furgone che s’ingolfa. Tutta la notte con
gli elicotteri su e giù e poi questa stazione di servizio, tutti
dentro le auto, escono solo per pisciare sulle aiuole, apri e chiudi
sportelli, slam e slom.
E dire che la festa del
Centro era proprio riuscita!
Una festa per i neri:
all’ingresso neanche si poteva passare, borse, borsoni,
cazzaglierie varie, accendini, fazzoletti, tappeti, tappetini,
sigarette, videoregistratori, artigianato del contrabbando
locale…Poi il capo ha preso il microfono e ha cominciato la lagna,
ma una lagna che non la smetteva più. Finchè il Monno ha
cominciato a battere le mani forte e poi anche Pippo e il Singa e
gli altri in piedi tutti ad applaudire…
Tanto adesso tutti
faremo i neri.
Monno dice che va su a
dirlo al microfono, ci va e s’incasina col filo e l’asta, per
poco inciampa. Il nero riprende il microfono e come se nulla fosse
riprende la lagna, allora il Singa alza il volume
dell’amplificatore e ci spara dentro due note di chitarra
elettrica, due note dure e violente e tutti cominciano a saltellare,
saltano e cominciano a girare le canne, saltano e il Singa spara
altre due note, girano le patatine e gira la birra, girano anche
sorrisi. Tutti a saltare col Singa che alza ancora il volume e la
Nedda solleva la maglietta per far vedere gli anelli che ha sulla
pancia… Anche i neri saltano e smettono la lagna, saltano e sono
alti, saltano e sono altissimi.
Ci sfogavamo un po’
perché nell’aria c’era la storia dello sgombero ma nessuno
voleva parlarne, nessuno ne parla, si diceva solo i portasfiga
parlano di queste cose. Tutti a saltare e a far riuscire la festa.
Anche per il quartiere la festa è importante che c’è la stronza
del condominio di fronte con la storia del figlio morto per aids,
che dobbiamo frenarla un po’ con ciò che possiamo, dobbiamo far
vedere che siamo qui anche per loro.
Dopo un po’ il Monno
non ne può più della festa e dei neri. Prima organizza, fa e sfa,
poi si stufa, fa sempre così che è sempre un’agitazione uscire
con lui e dove sta lui c’è sempre un po’ di casino in più. Mi
fa che vuole andare sul tetto: Nanna, dice, andiamo sul tetto che
magari ci facciamo un po’ di movimento. Così mi fa: proprio così.
Avverto il Singa che svisa, tutto perso con l’occhio chiuso,
l’avverto da lontano e lui capisce qualcosa, capisce che c’è
movimento e sorride, il Singa. Il fatto è che mi piace proprio
l’idea di salire sul tetto quando tutti son giù a far casino, mi
piace andarci col Monno sul tetto, mi piace quando mi fa. Dal tetto
le luci delle case, ognuno che si fa i cazzi suoi, tranne la stronza
del condominio. Dal tetto ognuno che dietro le finestre cena, la
luce blu dei televisori, i lampi blu dalle tivvù, ognuno che si
schianta, che arriva spallato del tutto la sera, che si schianta lì,
testa nel piatto, se ne sta zitto. Zitto zitto mangia, zitto zitto
si schianta nel letto o sul divano e il blu dei lampi che restano un
po’, lampi vicini e lontani.
Ma il Monno non vuole
fare il po’ di movimento, vuole parlare.
Dice di uno simpatico
che era passato per il Centro e aveva detto la storia della
‘flessibilità’ e aveva lasciato dei fogli. Monno sul tetto ha
tirato fuori uno di questi fogli e ha detto che piuttosto della
festa dei neri, bisognava fare un bel dibattito su quelle cose lì.
Tanto adesso tutti faremo i neri. Tanto adesso faranno tutto le
macchine e noi tutti faremo i neri. Monno sul tetto neanche ci pensa
più al movimento e il Singa si è proprio illuso. Ci penso io, però.
E allora gli metto una mano sul pisello a Monno, tanto per tagliar
corto: va bene, va bene, la facciamo un’assemblea, facciamo un bel
dibattito. E mi sento proprio che ho voglia sopra il tetto mentre di
fronte il blu lampeggia dalle finestre, mentre tutti dietro le tende
sono schiantati con gli occhi nel blu, con le facce tra i piatti e
le tivvù. La faremo un’assemblea ma cominciamo ora da qui, da
dove siamo, cominciamo dal tetto e dalle tette che mi scoppiano di
voglia, cominciamo da questo piacere qui che poi viene anche il
resto, che poi viene tutto più facile e allegro e rilassato. Ci
facciamo una bella assemblea in due alla faccia della flessibilità:
sono io la flessibile qui, sotto al Monno, sono io che mi fletto
all’indietro e anche lui si flette ma non si spezza. E’ così
che si fa, così si fa contro il vento, così si resiste a lungo.
Tanto adesso tutti
faremo i neri.
Prima delle ruspe,
prima dei caricamenti sbirrici, delle mazzate e del fumo, prima del
gran casino dello sgombero, Scriba aveva tenuto un incontro con i
ragazzi del Centro.
Tommaso Moro ci avverte
che su Utòpia non ci sono osterie, locande, bordelli perché
si vive sotto gli occhi di tutti, così da non potersi mai appartare
né indulgere a illecito riposo. Così non ci sono più mendicanti né
poveri perché tutti lavorano. Utopia senza osterie…Si interrompe
Scriba, che utopia sarebbe?
Il succo del discorso
è nelle lattine di coca schiacciate, rumori, fischi…Ma le
macchine di chi sono? Voglio dire: se io invento una macchina nuova,
questa macchina di chi è? Se io invento un vaccino contro
un’epidemia, questo vaccino di chi è? La macchina nuova ora è un
vaccino contro l’epidemia del lavoro.
Il Singa apre una busta
di patatine e fa un gran casino.
Il vaccino non sarà
forse distribuito davanti alle scuole, davanti agli uffici, sui
posti di lavoro, nelle carceri, negli ospedali? No il vaccino se lo
tengono stretto per farci una guerra batteriologica.
Il Singa fa bum! con la
busta delle patatine.
Se lo tengono stretto e
lo danno solo a chi vogliono, gli altri si arrangino; e se qualcuno
lo scopre allora vanno all’estero dove l’epidemia è endemica e
neanche uno si sogna che ci possa essere un vaccino. Anzi, sono
anche contenti come quello lì con le sue patatine che gli basta
fare bum! di tanto in tanto, bum! e basta.
Su queste cose qui
Monno ci voleva fare un’assemblea. Ora sta lì che sonnecchia che
non possiamo uscire ma poi stanotte il movimento c’è stato,
eccome! Quando arrivò la prima celere tutti pensavano alla storia
di quella del condominio e perciò volevano parlamentare. Perché il
figlio della stronza non c’entrava niente con noi e nessuno lo
conosceva: veniva a farsi e basta. Ora la stronza invece di pensare
ai cazzi del figlio, vuole dare tutta la colpa a noi e insiste e
aizza gli altri, dice che facciamo troppo casino e che trova le
siringhe qui intorno.
Quando arrivò la prima
celere dal basso non si era capito nulla: solo noi che stavamo sul
tetto e avevamo la vista lunga potevamo capire che la faccenda si
era messa male. E loro giù a parlamentare che volevano parlare con
l’assessore che tra noi c’era uno che faceva l’avvocato,
diritto qui diritto là. E intanto dietro c’erano le ruspe e
cominciavano a fare l’accerchiamento. E allora il Monno fulmineo
tira su gli slip e zip e tirandomi per il braccio scende le scale a
pompiere che non abbiamo neanche un minuto da perdere, che ci
beccano. Neanche siamo fuori che scoppia l’acquazzone che incasina
ancor di più la situazione e poi c’era anche il furgone che non
voleva partire. Insomma alla fine partiamo e per poco non mettiamo
sotto due neri che con le borse tagliavano la corda.
Tanto adesso tutti
faremo i neri.
E come i neri scappiamo
senza neanche le borse finchè non ci dirottano sull’autostrada,
coda a passo d’uomo, e stazione di servizio. Certo è che
sull’autostrada all’alba quando si è cominciata a vedere
qualcosa non ho visto neanche un nero e anche qui, nella stazione di
servizio, tra quelli che escono dalle auto per andare a pisciare,
fino ad ora non è uscito neanche un nero. Il Monno prima di
crollare ha detto che non li dobbiamo aspettare gli Accertamenti,
che ci beccano di sicuro perché di sicuro al Centro c’erano gli
infiltrati e ci hanno fatto le schede. Bisogna continuare ad andare
avanti perché dicono che in cima all’autostrada ci sono i
Resistenti…Io non ci credo proprio perché se noi siamo così
nella merda non vedo proprio come si possa fare…E chi diavolo
sarebbero poi…Il Monno che dorme il problema neanche se lo pone.
Altro che assemblea sull’epidemia, questi qui ci fanno fuori tutti
e Monno dorme, dorme e mi lascia sola…
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Capitolo decimo
Quando Monno si sveglia
decide di raggiungere l’autogrill al km 154, dove qualcuno ha
riferito di aver trovato l’auto di Scriba. Approfittando di una
rissa tra gli imbottigliati del piazzale della stazione di servizio
e della baraonda di clacson e cariche della polizia, Monno parte
sgommando, mentre ora è Nanna che dorme raggomitolata sul sedile
posteriore. Il tipo che gli ha soffiato al finestrino la notizia
dell’auto di Scriba, gli ha anche detto che si sono attivati
quelli di Amburgo, che sono in contatto col tipo della libreria,
Sandri, amico di quelli del Centro. Lo stesso tipo gli ha anche
soffiato la notizia che i Resistenti dovrebbero essere in cima
all’autostrada e che forse Scriba è diretto proprio lì.
Ciò che vede Monno
lungo l’autostrada sono auto rovesciate e incendiate, profonde
buche nell’asfalto, alcuni corpi riversi, contorti tra le lamiere.
Ciò che sente Monno è il rombo degli elicotteri che lo superano
senza dargli retta. Ciò che prova Monno è una grande paura. Paura
degli elicotteri e degli accertamenti. Paura e basta. Ciò che pensa
ora Monno è l’abbondanza. E più frena e vira di colpo per
evitare le carcasse di uomini e automobili, più si concentra sulle
buche nell’asfalto, più il pensiero dell’abbondanza gli cresce
nella testa…
Abbondanza di
prosciutti, di besciamella, di alici marinate; abbondanza di trote
salmonate, di bistecche di vitello, di sciroppi di menta, di orzata;
e poi abbondanza di spazio, una camera per lo studio, il posto per
lo stereo, per il computer, per i dischi; abbondanza di spazio per
gli amici, per sedersi a tavola, per restare a dormire; e poi
abbondanza di mezzi di trasporto, di treni, di tram, di autobus, di
taxi; e poi abbondanza di fiche, di traffici, di movimenti, di
iniziative…
Monno pensava al Sandri
e s’incazzava. Tra i denti argentei del Tipo Virtuale prendeva
forma per l’occasione il sogno di sbarazzarsi una volta per tutte
della realtà e indurre il sospetto che non fosse più possibile la
distinzione…Monno pensava al Sandri e s’incazzava. Stufato del
Tipo, delle sue macchinette…ora voglio sapere come la mette con le
sue storie…anche all’inizio i futuristi s’arrapavano perché
andavano a trenta chilometri all’ora, fascisti, chissà perché
sono sempre fascisti questi che vogliono andare più veloce…e
adesso li arrapa farsi le seghe col computer…ora se lo appoggiano
sul coso che ci fa una bella scarica elettrica…si riscalda la
resistenza…e godono come se fosse la fica…questi qui sono gli
stessi degli oroscopi…di quello che ti mangi e non ti mangi…Dice
che non ci sono più luoghi, che uno può stare qui o là che è lo
stesso…però quando ti devono inculare, tu stai in un posto
preciso…così quando si riesce a fare un bel casino, il casino non
è per aria ma sulla terra, davanti a qualche merdaio, fabbrica o
prefettura o stazione televisiva…
Tra una buca ed
un’altra Monno pensava all’abbondanza.
E dentro tutta questa
abbondanza immergerci la faccia come nella torta e leccare anche le
briciole, insieme ad altri, che ce n’è per tutti. Ce n’è per
tutti perché ora le torte le fanno le macchine e ne fanno tante che
poi se sono troppe le devono gettare al cesso altrimenti non ci
guadagnano più. Ce n’è per tutti di cozze, vongole, di alici
marinate, di ostriche…
Tra un auto rovesciata
e un’altra Monno arriva al punto.
Perché s’imboscano
l’abbondanza e nessuno può vederla, come quando ci fanno il
giardino e la foresta davanti alla casa, che uno non li vede quando
stanno fuori d’estate e il fresco se lo pappano tutto loro, e la
carne e il salame e il vino bianco tenuto fresco e i quadri se li
pappano uguale…perché è bello dopo pappato mettersi a guardare
un quadro, un film, mettersi a sentire della musica con il tempo
davanti, che non devi andare subito a dormire sennò non ti svegli
più. E così li vedi gli stronzi tutti abbronzati alla tivvù,
calmi e pacati…Perché s’imboscano l’abbondanza insieme al
nostro tempo: quintali di tempo nostro ce l’hanno sotto il
materasso, tonnellate di ore che ci farebbero leggeri…
Monno ora pensava al
Sandri e s’incazzava.
Ci credo che vogliono
darli a tutti il computer…così tutti si piazzano la resistenza
sul coso e vengono così, senza dover scopare, senza dover
abbracciare nessuna donna…bella pensata visto che uno torna e non
c’ha la forza, ti evitiamo il problema alla radice, basta che te
ne stai a casa senza muoverti, senza uscire, senza fare molti
movimenti…Non c’è bisogno che c’hai la forza, puoi tornare
rincoglionito che fa lo stesso.
Al km 120 già si vede
il fumo che viene dall’autogrill e ci stanno sopra tre elicotteri.
Il fumo sale su e forma una bella nuvola, nuvola o fungo, fungo o
cappello a cilindro. Ai lati della strada qualche auto bruciata che
fuma ancora e dentro nessuno. Monno pensa che Scriba è finito
arrostito. Nanna intanto per la puzza di bruciato comincia a tossire
ma non si sveglia. Monno pensa al Pippo e alla storia della
specializzazione, che il Pippo voleva specializzarsi così era più
facile trovare lavoro. Ma Monno pensa che è proprio una minchiata
perché anche ad organizzarsi il lavoro come si vuole, anche ad
avere un po’ più di autonomia, il meccanismo è sempre di merda…Uno
sarebbe più autonomo a ficcarselo da solo nel culo, perché i tempi
e le finalità mica le ha deciso lui…Pippo non c’è speranza: è
proprio il lavoro che è una sega, pensa a lavorare di meno e a far
presto, presto a toglierti dalle palle questa menata, lotta per il
tempo, Pippo! Pippo non ci pensa neanche più all’insieme delle
cose, è dentro alla logica, non ci pensa neanche più che la vita
nel cesso la getta per farsi lo stereo se gli va bene…
I tre elicotteri girano
intorno come avvoltoi e fanno un casino della madonna. Monno pensa
al Singa e a come il Singa liquidò in due parole la menata della
specializzazione. Il Singa disse che ti vogliono far sentire un
piccolo scienziato davanti al monitor e intanto tu devi solo vedere
le lucine se si spegne qualcuna, i gesti che devi fare…ma non sai
neanche di che si tratta, di che cazzo c’è dall’altra parte…E
dato che dall’altra parte ci sono pezzi di merda comunque, tu ci
resti sempre dentro la merda…Anche se poi sono gli altri in
motorino che ti spupazzano la merce qui e là o col camion…
I tre elicotteri volano
ora alti sul fumo e il fumo è dentro la testa di Monno.
Monno pensa alla
stronza del condominio.
E’ lei, la Lamberti
che ha aizzato tutti. Ma io il figlio neanche lo conoscevo. Erano
sempre in piccoli gruppi quelli che si venivano a fare e si
mettevano nel cortile che uno neanche si accorgeva…Ma roba, mai
passata…E’ la stronza che si vuole vendicare, che ci vuole dare
la colpa del fatto che lei si è comportata sempre come una stronza…
Ma come si fa ad essere così tartaruga, tutta infracidata dentro la
maglia, quella ci avrà un fegato più grosso di quello del
figlio….E pensare che poteva venire a giocare a carte, che c’era
posto anche per lei, se ci aveva l’amica per giocare a carte…E
invece tutto il condominio con la storia delle siringhe, con tutte
le scuse perché gli stavamo sui coglioni.
Il fumo è sempre più
acre.
I tre elicotteri
scaricano acqua sull’autogrill e sul bosco intorno. Monno pensa
che dopo averli arrostiti gli fanno anche la doccia. Rombo di altri
elicotteri che scaricano acqua. Scaricano e se ne vanno, riempire e
svuotare, ma dove la prendono tanta acqua da pisciarla tutta sul
bosco?
Nanna si sveglia e non
capisce niente di quello che succede. Monno non le spiega nulla.
Continua a guidare con gli occhi spalancati e le mani rigide sul
volante. Nanna urla perché ha visto sul ciglio uno con la testa
schiacciata che sembra un tappetino, ciuffi, sangue, roba bianca e
gialla. Nanna vuole tornare indietro ma Monno non risponde, non dice
né sì né no. Nanna si è svegliata dentro un campo di battaglia.
Dopo un po’ Monno
dice che se ci sono i Resistenti sono in cima all’autostrada e
dunque bisogna arrivarci. Monno dice che a cinque chilometri c’è
un autogrill dove è stato visto Scriba, anzi dove hanno visto la
sua auto e dunque lui non può essere lontano…Se ci sono davvero i
Resistenti non hanno scelta: devono tentare perché altrimenti è
certo che li fanno fuori. Nanna si è svegliata ma vorrebbe
riaddormentarsi. Monno le ordina di non dormire perché tra qualche
minuto dovranno stare molto attenti a non essere beccati dalle
pallottole. Nanna chiede come si fa a non essere beccati dalle
pallottole. Monno non risponde, continua a guidare evitando le buche
sempre più grosse nell’asfalto.
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Capitolo undicesimo
Monno sta zitto e non
risponde. Sta zitto e pensa che se c’è quel po’ di macello per
strada, vuol dire che Scriba non ha speranza e che anche loro due
non hanno speranza…
Monno pensa a questo e
perciò non risponde a Nanna, non le dice come si fa a non essere
beccati dalle pallottole. Non lo sa neanche lui come si fa. Sa solo
che sono stati fortunati a trovarsi sui tetti quando stavano per
sgomberare il Centro. Gli altri, quelli sfigati, non ce l’hanno
fatta…Hanno tentato di rispondere con i sassi alle pallottole…
Monno pensa che nella
Notte dei Botti si è rotto un equilibrio. Quando si è voltato,
fuggendo, e ha visto i due ragazzi cadere davanti al portone del
Centro, Monno ha pensato che la Notte dei Botti ha rotto un
equilibrio. Si è rotto il meccanismo. Il meccanismo che tiene in
piedi la sceneggiata dei poliziotti e dei ragazzi del Centro. E’
la guerra del metro per metro, come diceva Scriba. E’ questo il
meccanismo che si è rotto. E perciò i morti davanti al portone e i
morti attorcigliati alle lamiere. Perché il meccanismo non prevede
i morti. Al massimo qualche contuso. Quando ci sono i morti vuol
dire che il meccanismo si è rotto e la recita non funziona più.
Questo si ripeteva Monno quando fuggiva dal centro. E il meccanismo
davvero si era rotto. Ma solo perché era entrato in funzione un
altro meccanismo, quello della Notte dei Botti.
Ma Monno e Nanna sono
lontani quando il Singa e Sandri fanno la conta dei cadaveri tra le
macerie del Centro. E lontano è scriba che ora sta dormendo e sogna
centinaia di cavalli in corsa…Centinaia di cavalli che invadono la
città scivolando lungo l’autostrada, saltando le carcasse di
automobili…Centinaia di cavalli, alti, poderosi, leggeri…Scriba
sorride nel sonno, tutto accartocciato sul ciglio
dell’autostrada…
Mentre non sorride
affatto Luisa che lo cerca…
Luisa non sorride perché
la Notte dei Botti, sin dalle prime esplosioni, ha rincuorato nel
profondo i Condomini. E non solo quelli più esagitati, ma anche
quelli più timidi, quelli che non si vedevano mai e neanche si
sentivano. La Notte dei Botti ha dato nuove energie soprattutto alla
signora Lamberti e a suo cognato. La signora Lamberti non ha perso
tempo. Non appena le arriva la notizia delle prime esplosioni,
chiama suo cognato e gli dice che è il momento della resa dei
conti. Nel bel mezzo del trambusto la Lamberti avverte tutti i
Condomini di tenersi pronti…Che non è più tempo di semplici
petizioni e di firme e di inutili cartacce. Che lo sgombero del
Centro vicino è imminente e occorre molta ma molta
vigilanza…L’energia della Lamberti la fa più magra e scattante,
una nuova luce le incendia gli occhi. I Condomini sono d’accordo:
sono pronti a raccogliere l’adesione dell’altro Condominio
confinante con il Centro. Sono pronti ad organizzare un vero corteo.
Le cose si mettono in movimento e s’intrecciano con i
festeggiamenti della Notte dei Botti.
Non tutti i Condomini,
per la verità, fanno il loro dovere: parecchi si disperdono tra la
folla e s’immergono nudi nella fiumana schiumosa…Ma per lo più
all’appello la risposta è immediata: il corteo si fa!
Se Scriba sogna
centinaia di cavalli che irrompono nelle piazze della città, se
Monno e Nanna lo immaginano arrostito nell’incendio
dell’autogrill, se il Singa e il Sandri preparano il trasferimento
dei materiali utili per i Resistenti, dalle macerie del Centro alla
libreria, Luisa deve vedersela con la signora Lamberti e con suo
cognato…La signora Lamberti sa che la Notte dei Botti è dalla sua
parte e dalla parte dei Condomini. La lotta del metro per metro non
la faranno mica solo i ragazzi del Centro, la lotta del metro per
metro lei la fa da sempre…In ogni Riunione di Condominio lei
questa lotta la fa…Eccome! A cominciare dalla storia delle
infiltrazioni…
La signora Lamberti,
ora che sta per salire su e suonare il campanello di Luisa, sa che
quei danni per le infiltrazioni non hanno prezzo…Che la Notte dei
Botti chiede intero e definitivo risarcimento…Si è avviato il
nuovo meccanismo della Notte dei Botti… La Notte dei Botti sta per
giungere concretamente in casa di Scriba, la signora Lamberti sta
per eseguire personalmente gli Accertamenti.
A che pro saper
ascoltare i sogni dei condomini? A che pro tutte quelle notti
trascorse insonni ad ascoltare le bestiali convulsioni della signora
Lamberti?
La signora Lamberti ora
si piazza feroce di fronte a Luisa seminascosta dietro la
porta…Luisa che ancora riprova il numero del bar, che ancora
telefona per aver notizie di Scriba e non si dà pace…
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