La poesia di Biagio Cepollaro
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(Delle
assegnazioni sul ponte)
a
tanti lacciavano per i colli e
bbraccia finché da sotto er
ponte certi tignuti di verde i
capelli co spade di vetri su
moto montavan l’altri e
no steccato di porte e
gommoni tagliaron er ponte in
due settori l’uno pressato dai
ferri l’altro dai vetri en
tre fecero a scappare de
sotto le machine striscianti coi
nasi nell’olio e neri di fronte e
dissero che dalla parte dei vetri frangenti
si compivano assegnazioni c’era
uno dei verdi ca passava a
rassegna le genti e li ficcava uno
per uno in una bulanza e
pò l’ombre semoventi agitate e
sulle ruote ballanti le grida di
donne e c’erano molti strumenti se
sceglieva forma per forma se
facevano test per la lingua se
faceva prova de sapienza de
resistenza de canuscenza se
ngegnava na mappa e uno cacciava
na lama e l’altro se
ndustriava a vedé l’altro ca
faceva si piagneva ncora o
l’adorava e molti l’adorava e
quello l’avvinghiava quell’altro stretta
teneva e quell’altro da
sopra e dietro afferrava col
tempo l’insistenza vale così
la casa che lui chiama dimora
con veloce sorriso così
la stanza che dà sul
mare e il giro lento della
chiave dentro al lento giro
dei pensieri tra l’auto e
le scale ed arredando dopo il
pasto in fretta sedendo mi
guardo attorno da dove viene
questa più intensa pausa
scombinando i capelli del
più piccolo riassettando la
veste o prima che sia notte la
crema d’abitudine la buona notte
e ancora quel bloccarmi con
la chiave nella toppa prima
d’entrare o il brivido nell’incontrare
il suo così rappreso
nel dettaglio chiuso ogni
cancello che sul prato potrei
potremmo andare senza scarpe
e forse con un crampo però
se ci penso alla pianta dei
piedi non poterli poggiare né
tirare veramente un respiro e
questo dopo tutto il tempo che
stempera in panna cremoso
che nulla veramente scompiglia
che non dà né gelo né
altro che non condensa né
svapora che trattiene |