La poesia di Biagio Cepollaro

Home Up fabricat6

 

Ballata del contarci

 

Largo

 

contando conto su cosa sulle ciclopiche circostanze sulle oceaniche

atomiche masse d’acqua semoventi sulle telluriche compressioni sui

 

venti

 

che improvvisi si fanno radianti si fanno logos comuni coi giornali

contando conto sulle impossibili sementi sui semi fiorenti e comunque

 

andati

 

sui gerani ai balconi sugli abbellimenti dei dettagli sui fiocchi

di neve quando fioccava era altra cosa da casa o dall’ingorgo la

 

neve

 

grande iattura che tritura la pazienza che sfida la gomma dei pneumatici

a restare in carreggiata è che al tema della fuga preferisco l’insistenza

 

 

e frali frantumati in frattali e dunque:

alle scali! alle scali!  alle spade! alle spade!

mentre lampeggia e stride     e dunque:

alle strisce!         alle corde!

 

Allegro

 

aggrappati sotto carene mutilanti esclusi non più

in catene ma vere e proprie cancrene nel coprosociale

 

e dunque:

 

fategli male! alle corde! alle sorti frali! agli interessi!

alle carni !colpite alle carni! coi macedi!  coi magli

elettronici!coi magli spaziali! coi ganci!  cogli sganciamenti!

cogli indebitamenti! cogli aggiustamenti!

 

e dunque:

 

coi magli! colpite coi magli!

 

e dunque:

 

coi debiti!

cogli interessi!

o frasi che fanno radice: non si hanno mille vite a stento riesci

a farne una di decente

 

Adagio

 

contando conto su vent’anni di stati

d’animo

 

sulle maree che li incanalano per effetto della luna

sulla grammatica che stabilisce prima dove siamo e ci colloca e ci

 

inchioda

 

in una o più caselle: diverse le vite si somigliano per scansioni

così girando per una boa la marea si assottiglia e il presente è già

 

sgrammaticatura

 

e dunque:

 

fategli male! alle corde! alle sorti frali! agli interessi!  alle carni

colpite alle carni! coi macedi!  coi magli elettronici!coi magli

spaziali! coi ganci!  cogli sganciamenti! cogli indebitamenti!

cogli aggiustamenti!  fategli male! alle corde alle sorti frali!agli interessi!

 

e dunque:

 

coi debiti!

cogli interessi!

 

Giga

 

contando conto sulla cena condivisa sull’ebbra osmosi nell’arte

dello svincolamento sul gesto esemplare e contagioso sull’arioso

 

del mattino

dei molti modi di fare

 

contando conto sulle acutissime trombe che spaccano i timpani

sulle domestiche mareggiate e sulle maree montanti     sull’arte

 

delle piante

di arrampicarsi e di saltare sulle figure dell’irruzione che

 

chiamano moti

a dire

contando conto sulle telluriche valve sulle terre palpitanti

sui voli sui vortici dei fianchi sugli affondi e sui risucchi

 

sugli svuotamenti

 

dei fluidi sui ferri incandescenti e sulle piogge acide

sui ritardi e sulle rivolte spiazzanti del prossimo contarci

 

 

1995-1997

 

 

TORNA ALL'INDICE

 

 

 
Note

 

Fabrica è il terzo libro della trilogia ‘De requie et natura’, dopo Scribeide (1985-1989), uscito presso Piero Manni, Lecce, 1993 e Luna persciente (1989-1992), apparso per i tipi di Carlo Mancosu, Roma, 1993.

 

Jacoponea e Paesaggio n° 1,2,3  sono apparsi su Novilunio 1993-1994.

Requiem in C è apparsa in Forum Italicum, New-York, 1992; ora in The Promised Land, Italian Poetry after 1975, Sun & Moon, Los Angeles, 1999.

Nel mezzo della fine del millennio è stata pubblicata da Manocomete, n°1, giugno 1994.

Alcune  Meditationes sono state comprese nel catalogo di LeonKart, 1996 e tradotte da Francesco Forlani  per la rivista francese Pasodoble.

Ballata postmediale è apparsa in Campo.

 

 

Un ringraziamento.

 

Un ringraziamento. Fabrica è il terzo libro della trilogia dal titolo De Requie et Natura, di cui il primo libro è Scribeide (P.Manni ed.1993) e il secondo Luna Persciente (C. Mancosu, 1993). Sono trascorsi circa cinque anni dalla conclusione della trilogia e diciassette da quando iniziai questo lavoro. Un bel pò di anni. Oggi li penso come anni d'amore. All'inizio ero poco più d'un ragazzo e non avvertivo bene, troppo orgoglio, animosità, astrazione, confusione...Leggevo la vita attraverso l'invenzione della poesia, lì ero insieme ai miei amici, lì combattevo i miei nemici, da lì traevo poetiche, analisi, giudizi sul mondo, sulla storia, sulla politica... In questo fervore ho incontrato molte persone (delle quali non poche non ci sono più), ho visitato città, ho letto, osservato, annotato, registrato: non si contano le cene ebbre, i discorsi deliranti, i confronti duri e interminabili, le impossibili discussioni...E lo stesso fervore, mescolato a presunzione e vanità, è come tracimato, diventando 'movimento', polemica, organizzazione, quel modo di far 'attività letteraria' a cui il secolo passato ci ha abituato, con annesso apparire e sparire di etichette, definizioni, precisazioni, negazioni...All'inizio e ben oltre è stato tutto questo. Poi gli ultimi anni sono stati come di incubazione, hanno preparato prima la crisi, quindi l'allontanamento vero e proprio da questi paesaggi mentali, da queste cerimonie. E ciò che allora ho cominciato a vivere come rifiuto si è via via trasformato in tenerezza, via via che quel viaggio finiva davvero, potevo guardare con tenerezza e gratitudine i miei ex-compagni d'avventura e le mie stesse azioni. La trilogia è un 'poema sulla natura', sulla natura artificiale dei paesaggi metropolitani e delle molteplici lingue e linguaggi compresenti che l'attraversano, da quelli della tradizione letteraria, a quelli massmediali, dialettali e tecnologici. Ho provato a costruire una lingua che potesse obliquamente dire ciò che mi sembrava sistematicamente rimosso intorno a me: un racconto indiretto di piccoli e grandi degradi, piccoli e grandi orrori. Ho provato a formulare delle domande 'spingendo' la poesia ad essere 'contemporanea', facendo appello paradossalmente su risorse poco frequentate allora, come tradizioni arcaiche, dialettali, o come non considerate 'poetiche' come neologismi massmediali etc. Queste domande, anche se non formulate così esplicitamente, me le sono poste intrecciando la mia solitudine con le inquietudini di amici poeti, artisti visivi, musicisti, quasi che la loro drammaticità si potesse stemperare cambiando i nomi alle cose, collocando le nostre provvisorie risposte nel gioco conflittuale delle poetiche...Oggi che vivo, potrei dire, il silenzio della scrittura, avendo intrapreso un cammino tanto più socievole quanto più solitario, sono, in fondo, le stesse domande che ritrovo in me e nei versi nuovi, e che sostanziano in modo forse più concreto di allora, le mie giornate. Ecco: il ringraziamento va a tutte le persone che ho incontrato e con le quali ho consumato gli anni del De requie et natura e che mi hanno aiutato, mettendo in gioco la propria passione e la propria intelligenza, a mettermi sul cammino che ho intrapreso. Milano, 2001.

 

TORNA ALL'INDICE